domingo, 9 de agosto de 2015

PER NON DIMENTICARE … MAI ! 70 ANNI OR SONO: ALLE ORE 8 15’ 17’’, AL CREPUSCOLO DI QUEL… TRAGICO 5 AGOSTO 1945.

PER NON DIMENTICARE … MAI !


70 ANNI OR SONO: ALLE ORE 8 15’ 17’’, AL CREPUSCOLO DI QUEL… TRAGICO 5 AGOSTO 1945.




Remake di quei tremendi, inenarrabili 45 secondi che l’ L’equipaggio scandì sottovoce: "45, 44, 43, 42, 41..." il 5 agosto 1945. E Apocalisse fu. Ma non è bastato e l’ 8 agosto stessa sorte è toccata a Nagasacki.

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La mattina del 5 agosto 1945, poche ore prima dell’alba, il quadrimotore B-29 "Enola Gay" (nome della madre del pilota ventinovenne Paul W.Tibbets) si alza in volo da Tinian. In squadra con Enola, volavano altri due aero bombardieri: The Great Artiste e un terzo, in seguito chiamato Necessary Evil, cioè "Male necessario" (l’unica funzione di questo aereo fu quello di documentare, attraverso una serie di fotografie, gli effetti dell’impiego dell’arma atomica). L’equipaggio B-29 "Enola Gay", trasportava 12 uomini e un unico ordigno bellico: una bomba atomica. Denominata dagli statunitensi "Little boy", è l’ ordigno più micidiale costruito all’ora dall’uomo, che risulterà decisivo per la sorte dell’entrata in guerra del Giappone.

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Lungo tre metri, con un diametro di uno e mezzo e un peso di cinque tonnellate. L’equipaggio, Ha 45 secondi di tempo per sganciare in volo quel carico di disperazione, dolore e morte. Quarantacinque secondi che i 12 di quell’apocalisse scandiranno sottovoce… "45, 44, 43, 42, 41..." a 10.500 metri di altezza, nei cieli della “disgraziata” Hiroshima ancora insonne. Finché, alle 8.15’ 17", scoccata l’ora fatale. Ed al comando: “si sganci”, la bomba scivola dal plinto di lancio del velivolo in picchiata esplodendo a circa 600 metri dal suolo. Un lampo abbaglia il cielo e trasformandosi in enorme palla di fuoco squarcia e invade l’atmosfera ripercuotendo all’infinito la sua eco sinistra. E bastano solo 7 secondi: un battito di ciglia, a trasformare quel tacito angolo di cielo in inferno ribollente, squassato da micidiale rombi di tuono.“

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L’esplosione -si disse- avvenne a 580 metri dal suolo, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni. Circa il 90 % degli edifici venne completamente raso al suolo.” È l’ Apocalisse: l’aria si avvelena ed in terra è dolore, lancinante disperazione e morte. Vengono distrutti tutti gli edifici nel raggio di tre chilometri, 30.000 persone muoiono sul colpo, altre 40.000 nel giro dei due giorni successivi. Una colonna di fumo si alza lentamente a forma di fungo fino a quota 17.000 metri dal suolo. Inizia poi a cadere una pioggia acida e viscida che inquina e ricopre ogni forma ancora in vita. I cosi d’acqua straripano ed invadono ciò che rimane ancora in piedi di quella che fu l’orgogliosa e fervida città giapponese.

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Alle 14.58 locali il B-29 di Tibbets atterra a Tianin. Solo allora, probabilmente Paul W. Tibbets con le mani nei capelli, disse: “Cosa abbiamo fatto ! " Mentre il mondo interrogandosi disse: << Ha segnato in modo indelebile la storia mondiale… ha lasciato un’ impronta… una ferita indelebile ! >> Ebbene si ?, eppure non è bastato: un secondo lancio fu, infatti, effettuato solo tre giorni dopo su Nagasaki.

LA TESTIMONIANZA

cms_2564/il_Gesuita_padre_Pedro_Arrupe_.jpgTestimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il Gesuita padre Pedro Arrupe (1907 + 1991), futuro Superiore Generale della Compagnia di Gesù (1965 -1983) allora missionario in Giappone presso la comunità cattolica della città in cui si prodigò oltre ogni umana possibilità per portare aiuto. Riguardo al bombardamento atomico egli scrisse: « Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8.15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa.

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Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’un l’altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell’aiuto di Dio. In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione per la Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l’uno all’altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore »



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